1944 l’anno della svolta
1944 l’anno della svolta
Il 1944 rappresenta un anno cruciale nella storia italiana. Non solo segna l’avvicinarsi della fine della Seconda Guerra Mondiale con lo sbarco in Normandia e l’avanzata dell’Armata Rossa, ma sancisce anche la rinascita del protagonismo operaio e del sindacato libero.
Le fabbriche assumono un ruolo centrale: da un lato come centri di produzione bellica, dall’altro come luoghi di resistenza e rivendicazione. Le condizioni di vita e di lavoro pessime, unite al crescente sentimento antifascista, portano a numerose agitazioni, culminate nei grandi scioperi del marzo 1944.
A differenza dei precedenti scioperi, quello del marzo 1944 ha una forte connotazione politica oltre che sindacale. Il Partito Comunista lo vede come un’occasione per un’insurrezione popolare, tanto che il giornale “La Fabbrica” titola “Prepariamoci allo sciopero insurrezionale”.
Gli scioperanti, pur consapevoli del pericolo, sono mossi da diverse motivazioni: la necessità di sopravvivere, la difesa della dignità, la solidarietà verso i compagni deportati e l’opposizione alle prepotenze subite. Il New York Times definisce la loro rivolta come “la prova decisiva che gli italiani disarmati lotteranno con coraggio indomito quando avranno una causa per cui combattere”.
L’evento è unico nell’Europa occupata: i lavoratori italiani si riprendono la scena e, insieme al movimento resistenziale, permettono all’Italia di liberarsi dal regime fascista e di scegliere la propria forma di Stato.
Tuttavia, il 1944 è anche l’anno delle stragi tedesche più violente e delle deportazioni. La repressione contro gli scioperi è dura: a Milano, i fascisti e i tedeschi intervengono in diverse fabbriche, sparando e arrestando gli operai.